Quando sono approdata per la prima volta in Ronda, mi aspettavo di trovare molta sofferenza. Ero sicura che avrei avuto a che fare con Persone molto tristi, molto sole, uomini adulti in situazioni di estrema difficoltà. Persone lontane, se non opposte, da me e dal mio stile di vita. Io sono una ragazza, studentessa, ho quasi 24 anni, ho tanti amici e i miei problemi li ritengo normali problemi di una giovane donna. Niente a che fare quindi con la mia idea di come fossero gli assistiti della Ronda. 

Non avrei potuto  sbagliarmi di più. 

In questi mesi sto collaborando al progetto Bla Bla Ronda, una serie di incontri settimanali in cui ci dedichiamo all’insegnamento e al ripasso della lingua italiana per chi non la conosce. Al Rifugio2, dove svolgiamo le lezioni, sto conoscendo Persone splendide. Nelle nostre lezioni, guidate da una formidabile volontaria, Elisabetta, si crea un clima di serenità e calore, non solo derivato dalle stufe attorno alle quali si siedono i ragazzi, ma soprattutto dalla voglia di imparare, condividere, comunicare e farsi conoscere. C’è, certamente, quella sofferenza che io non riesco a figurarmi: non riesco nemmeno ad immaginare quanto sia difficile vivere al freddo, affidandosi a un servizio offerto all’esterno per avere qualcosa da mangiare e una coperta calda. 

In questi mesi ho visto quante cose abbiamo in comune io e questi ragazzi, anche nella sofferenza. Adrian ad esempio soffre per la mancanza della sua famiglia, che è rimasta in Romania. Parla spesso di loro, dei suoi figli e della sua ex moglie (e ci tiene molto a precisare che sono divorziati!). Tutti almeno una volta nella vita abbiamo sperimentato cosa vuol dire sentire la mancanza di qualcuno. Rashid è giovanissimo, il più giovane del gruppo di studenti. Inizialmente era timidissimo, non interveniva quasi mai per paura di non aver capito o di dire la cosa sbagliata. Pian piano ha cominciato ad essere sempre più partecipe, e ora bisogna cercare di non farlo parlare sopra gli altri, tanta voglia ha di dimostrare quello che sa. Vederlo sbloccarsi, diventare sempre più sicuro di sé, è una delle gioie più grandi. E ora riesce pure a prendermi in giro quando mi cadono i pennarelli o non trovo il cancellino della lavagna! In questo momento ha il mal di denti, e non sembra essere molto felice di dover andare dal dentista. Penso che anche questa sia una sofferenza che in molti possiamo comprendere. 

Siamo quasi tutti giovani, la maggior pare di loro ha la mia età o qualche anno più di me. Andiamo tutti a scuola e tutti affrontiamo le difficoltà di imparare una nuova lingua. Io sto cercando di imparare lo spagnolo, ma i miei progressi sono distanti anni luce dai loro: ogni lezione sono sempre un po’ più partecipativi, un po’ meno timidi, sanno parole in più e imparano un po’ più velocemente.  Ma soprattutto, abbiamo tutti voglia di stare insieme e conoscerci: i miei momenti preferiti sono quando loro cercano di insegnare a noi come si dice una tal parola nella loro lingua. È un momento di scambio molto significativo, perché ovviamente noi facciamo una fatica assurda a pronunciarle ed è emblematico della difficoltà che provano loro imparando l’Italiano. Inoltre sono tra i ragazzi più gentili e generosi che io abbia mai conosciuto: entro la fine del primo quarto d’ora, ho risposto un centinaio di volte che sto bene, grazie, che non ho freddo, grazie, che sì anche io sono felice di essere lì, grazie. Per non parlare poi di Hamid, il custode del Rifugio, e del suo fenomenale tè alla menta marocchino che mi teletrasporta dritta dritta nel centro di Casablanca. 

Il Rifugio2, le nostre lezioni al Bla Bla, non sono luoghi di sofferenza. Sono luoghi che splendono di vita, di voglia di darsi da fare, di imparare, sono momenti di conoscenza reciproca, di scambio di lingue e culture. Come volontaria e insegnante, loro dovrebbero imparare da me, ma in realtà sono io che imparo da loro. Ogni volta che torno a casa mi sento fortunata ad avere la possibilità di essere lì, con loro, e custodisco ogni aindelebile nella speranza un giorno di riuscire a insegnare agli altri quello che loro stanno insegnando a me: che in fondo siamo tutti uguali. 

È solo una delle storie che raccontiamo nel nostro bilancio sociale (che trovate qui)